Il "polpo senza speranza" l'ho mangiato l'altra sera a Fossano nel "ciabott" (cascinale, capanno, rifugio di collina...) di Davide Dutto, il mio amico fotografo con cui sto dividendo il pane, i lavori, molte idee...

Il ciabott di Davide è arso dal sole, ricorda i falò di San Giovanni, quelli dei prossimi giorni, quelli di Cesare Pavese, guarda verso le Langhe o verso il Roero (da qui non si capisce dove passa il Tanaro che è confine delle due zone di collina), porta l'occhio lontano e l'aria che si sente e aria di Liguria. Intorno un profumo intenso di lavanda.
Il nome della ricetta - polpo senza speranza - non so proprio da dove venga. Davide ha provato a spiegarmi qualcosa, ma io ero preso dall'ebbrezza del vino e dall'atmosfera dolce dell'estate. Il sapore però me lo ricordo: ricco, avvolgente, di polpa morbida, di mare buono, con una punta aromatica che è un viaggio verso angoli inesplorati del palato... Lavanda, dice Davide, un pizzico di lavanda per condire. Che meraviglia! Segnatevi la ricetta. E usate pure quello congelato tanto il polpo è l'unico animale che a farsi congelare ci guadagna: si sfibra e si intenerisce.
Appoggiate in fondo alla pentola delle foglie di salvia, un po' di cipollina fresca tagliata fine e qualche lamella d'aglio. Niente sale, niente olio, niente acqua. Adagiate il polipo, accendete il gas (fornello grande, fuoco basso), scuotete di tanto in tanto. Fa sugo il polpo, da solo, e quando è pronto lo tagliate, lo condite con olio extravergine d'oliva (che fragranza l'olio Roi di olive Taggiasca prodotto a Badalucco), pepe e un nonnulla di lavanda fresca. Un'apoteosi del gusto da accompagnare con fagioli borlotti e patate novelle con la buccia.